In un blog che parla di Genova, non poteva certo mancare un tributo a Fabrizio De Andrè. Lo celebriamo con l’articolo di Noemi: “Alla scoperta di Fabrizio De Andrè, in direzione ostinata e contraria”.

brevi cenni sulla vita di un ribelle

Non si può certo dire che sia stato un personaggio ordinario.

Eppure, nonostante il suo atteggiamento discostante, introverso e a tratti quasi maleducato, è ricordato come uno dei cantautori più influenti della musica italiana.

Ovviamente, era un ligure. Ovviamente stiamo parlando di Fabrizio De Andrè.

Nato a Genova nel 1940, fin da bambino manifesta un comportamento decisamente fuori dagli schemi: un Fabrizio irriverente e anticonformista, talmente esuberante da essere spedito in una scuola di Gesuiti. Qui sarà vittima di un tentativo di molestia sessuale da parte di un gesuita: ma il ragazzo non solo respinge fermamente la molestia, è deciso anche a sollevare un polverone di protesta che porterà all’allontanamento del gesuita dall’istituto.

Insomma, un ragazzo con le idee chiare e un carattere molto forte fin dalla tenera età. Carattere che contrasta nettamente con l’impostazione familiare di origine, soprattutto con quella del padre, imprenditore e, nel dopoguerra, vicesindaco di Genova: i genitori di Fabrizio infatti, entrambi benestanti, avrebbero voluto per lui un’educazione rigorosa e lineare.

Nulla di più diverso da quella che era la natura del figlio. Negli anni dell’università inizia ad avere problemi di alcolismo, frequenta i personaggi più disparati, viaggia molto e si fidanza con una prostituta. Cerca di tirar su qualche soldo con lavoretti saltuari insieme al grande amico d’infanzia Paolo Villaggio.

Sono questi gli anni della scoperta musicale: sarà infatti l’ascolto di Georges Brassens, già noto e avviato cantautore francese, ad influenzare significativamente la sua musicità. Frequenta poi altri noti musicisti italiani (personaggi del rango di Gino Paoli e Luigi Tenco) e si appassiona della musica jazz: inizia anche a suonare la chitarra e ad esibirsi e cantare in un locale genovese.

Nel 1960 vede la luce la sua prima canzone: “La ballata di Michè”.

Io so che Michè
Ha voluto morire perché
Ti restasse il ricordo del bene profondo
Che aveva per te

Vent’anni gli avevano dato
La Corte decise così
Perché un giorno aveva ammazzato
Chi voleva rubargli Marì

È la storia di un detenuto a cui hanno dato 20 anni di carcere perché ha ammazzato un pretendente della sua amata, Marì. Tuttavia, non potendo resistere alla lontananza da Marì, si impicca nella sua cella.

Questo è solo l’esordio di una carriera che durerà 40 anni, una carriera densa di storie e racconti fuori dal comune (proprio come era lui), con uno sguardo sempre presente ai deboli, agli indifesi, agli emarginati della società. Le sue canzoni sono spesso poesie, racconti toccanti di persone ed eventi ordinari che lui riesce a rendere magici e speciali: Bocca di Rosa, la guerra di Piero, Via del Campo, la canzone di Marinella, Geordie, solo per citare alcuni dei testi più famosi.

Muore nel 1999 per un carcinoma polmonare, lasciandoci in eredità 14 album discografici, alcuni singoli e suo figlio Cristiano, nato nel 1962 dalla sua prima moglie, che oggi si esibisce spesso in concerti nei quali ripropone le canzoni del padre.

Se avete occasione andatelo ad ascoltare: oltre alla notevole somiglianza fisica, se chiudete gli occhi vi sembrerà di stare ascoltando proprio il grande Faber.

Spero che l’articolo ti sia piaciuto 🙂

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