Dopo il post sulla Mary Celeste, mi sono interessato alla storia navale di Genova. Oggi è il turno di raccontare il naufragio dell’Andrea Doria.

In passato, ho scritto articoli sulla pirateria, sugli scontri navali tra la Superba i pirati saraceni e i Pisani; oggi invece, il racconto si colloca a metà del ‘900, con una tragedia che rimarrà impressa nella storia genovese e non solo.

La nave 

Realizzata in onore dell’ammiraglio Andrea Doria, l’imbarcazione, venne costruita nei cantieri navali dell’Ansaldo di Genova, e prese ufficialmente servizio il 14 gennaio del 1953, alla guida del capitano Piero Calamai.

Si trattava di un transatlantico super lusso, lungo 213,59 metri, per un peso di lordo leggermente inferiore alle 30.000 tonnellate.

Quando dico superlusso, non scherzo! Fu una delle prima navi ad avere 3 piscine, una per ogni classe, e l’aria condizionata in tutti i locali abitati (che per l’epoca non era poco).

L’interno ospitava un vero e proprio museo, composto da una moltitudine di opere d’arte realizzate appositamente per la nave (tra cui la leggenda d’Italia di Salvatore Fiume e l’Allegoria d’Autunno di Felicita Frai), ceramiche, statue, mosaici, e le decorazioni di Emanuele Luzzati.

 

Il naufragio 

Il naufragio dell’Andrea Doria, avvenne il 25 luglio del 1956, alle ore 23:10.

Il transatlantico stava percorrendo la rotta Genova-New York, un “corridoio” molto trafficato, a largo delle coste del Massachusetts.

Quel giorno la nebbia impediva di vedere ad un palmo dal naso. La nave genovese ridusse la velocità a causa della scarsa visibilità.

Nessuno si accorse che in quel tratto di mare, si stava immettendo un’altra imbarcazione: la Stockholm.

Quando l’equipaggio dell’Andrea Doria vide il pericolo avvicinarsi, era troppo tardi.

La prua dell’imbarcazione svedese “trafisse” il fianco della nave genovese, squarciandone completamente la murata.

Le vittime

L’impatto tra le due navi causò numerosi morti. Ben 46 passeggeri dell’Andrea Doria persero la vita, alcuni furono presi nel sonno, incuranti del pericolo nelle proprie cabine. La Stockholm , perse 4 marinai nell’impatto.

Il salvataggio

Dopo l’impatto, l’Andrea Doria iniziò ad imbarcare acqua e ad affondare lentamente.

Fortunatamente i soccorsi non tardarono ad arrivare.

Le prime navi a giungere in prossimità dell’incidente  furono la Cape Ann e la Thomas. Purtroppo le due imbarcazioni non avevano abbastanza scialuppe di salvataggio per recuperare tutti i naufraghi dell’Andrea Doria; il transatlantico ospitava infatti, 1241 passeggeri e 580 membri dell’equipaggio.

La tragedia fu evitata grazie all’arrivo della Île de France, un transatlantico francese che aveva superato qualche ora prima la Stockholm, e che grazie alla prontezza del suo comandante, Raoul de Beaudéan, arrivò sul posto poche ore dopo aver ricevuto la richiesta di soccorso, riuscendo con una manovra complicatissima ad accostarsi al vascello italiano.

Grazie alle numerose lance di salvataggio, i francesi riuscirono ad imbarcare ben 753 passeggieri. Il resto dei naufraghi fu imbarcato sulle altre navi.

Alle 5.30 del mattino, tutti i passeggeri dell’Andrea Doria erano in salvo.

Alle 10.09, l’elica dell’Andrea Doria, l’ultimo pezzo rimasto a galla, si inabissò per sempre nell’oceano atlantico, segnando la fine di quella che divenne una leggenda della storia navale genovese e Italiana.

 

Curiosità
Fronte del Porto

Anche prima del naufragio, l’Andrea Doria era già un mito. In una scena del celebre film, Fronte del Porto, il grande Marlon Brando incrocia lo sguardo sulla nave, approdata in una banchina di New York.

L’unica vittima nel salvataggio

L’unica passeggera morta durante le operazioni di salvataggio, fu la piccola Norma di Sandro, una bambina di 4 anni. Il padre per metterla in salvo, la lanciò sulla scialuppa di salvataggio. Purtroppo a causa dell’urto, la bimba riportò gravi traumi che risultarono fatali. Morì qualche giorno dopo a Boston.

Il prototipo scomparso

L’Andrea Doria trasportava la Chrysler Norseman, una concept car, realizzata in Italia dalla Ghia per conto della Chrysler. Il prototipo non fu mai mostrato al pubblico a causa del naufragio.

Il processo

Dopo il naufragio dell’Andrea Doria, venne aperto un processo per accertare le responsabilità. Le famiglie delle vittime vennero risarcite e la colpa del disastro venne attribuita alla nebbia.

Le ripercussioni

Il disastro cambiò le regole della navigazione. Le compagnie armatrici furono obbligate a migliorare l’addestramento degli addetti ai radar.

 

 

 

Il naufragio dell’Andra Doria poteva passare alla storia come un’immane tragedia. Fortunatamente, grazie alle capacità dei capitani Raoul de Beaudéan, e Piero Calamai e degli altri equipaggi, giunti immediatamente sul posto, il numero delle vittime, seppur alto, fu limitato alle persone decedute nell’impatto con la Stockholm.

Il capitano Calamai, dopo il salvataggio dei passeggeri, rifiutò di essere messo in salvo e abbandonare la nave. Solo l’intervento degli ufficiali costrinse l’uomo a lasciare il suo vascello.

Il naufragio dell’Andrea Doria, è stato un evento tragico che resterà impresso nella storia navale e non; una tragedia che ha comunque avuto il “merito” di regalare l’immortalità al transatlantico genovese.

A colpire di più però, è stata sicuramente la prontezza nei soccorsi e il sangue freddo mostrato dagli equipaggi dopo l’impatto con la Stokholm.

Pensando a Calamai, la mente è andata a Schettino, il suo “alter ego” dei giorni nostri. Vedere la diversità di spessore tra questi uomini potrebbe dare una chiave di lettura sull’evoluzione della nostra società, ma questo è solo un pensiero personale…

 

Con la speranza di averti regalato un momento piacevole di lettura, ti invito a seguire il mio blog! 🙂

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