Torna puntuale l’autunno e con lui l’ormai consueto colpo basso per chi lavora nel turismo diffuso.
La bozza della Legge di Bilancio 2026 prevede infatti un aumento della cedolare secca sugli affitti brevi dal 21% al 26%.

Una differenza importante, mascherata dietro una condizione che suona più come una beffa che come una tutela:
il 21% resterà valido solo per chi affitta senza intermediari — cioè senza portali come Airbnb, Booking o agenzie.

⚠️ Una condizione che sa di presa in giro

Nonostante sia un efferato sostenitore delle prenotazioni dirette, diciamo la verità: Affittare senza l’ausilio di piattaforme online oggi è praticamente impossibile.
I portali digitali non sono solo strumenti di marketing: sono il principale canale di visibilità, fiducia e sicurezza dei pagamenti.

Immaginare di gestire un affitto breve “alla vecchia maniera” è irrealistico.
Per questo la cedolare secca affitti brevi 2026 al 21% appare come una promessa vuota.
Nella realtà, l’aumento al 26% colpirà la stragrande maggioranza dei piccoli proprietari.

🏛️ Le contraddizioni del governo “amico della casa”

E qui nasce la vera contraddizione politica.
Il governo Meloni, che ha costruito gran parte della sua comunicazione sulla difesa della casa e della proprietà privata, sembra oggi muoversi in direzione opposta.

Dopo il DL Affitti Brevi firmato Santanchè, arriva un’altra stangata fiscale che grava proprio su chi, con sacrificio, ha deciso di investire in un immobile.
Parliamo di persone che non sono speculatori, ma lavoratori che cercano di creare un piccolo reddito extra, mettendo a disposizione del turismo la propria casa o un appartamento ereditato.

Il risultato?
Una cedolare secca affitti brevi 2026 che penalizza chi opera in modo trasparente e regolare.

💸 Più tasse, meno libertà

Il messaggio implicito della manovra è chiaro: chi affitta a breve termine deve pagare di più.
Ma non si parla di grandi operatori o fondi immobiliari. Si parla di host, famiglie, pensionati e lavoratori.

Mentre si proclama di voler “difendere la casa”, si finisce per tassare la casa.
E non quella di lusso, ma quella frutto di risparmi, mutui e sacrifici personali.

Un altro paradosso tutto italiano: si incentiva l’imprenditoria, ma si ostacola chi si comporta da cittadino responsabile.

🤝 Serve equilibrio, non penalizzazioni

Nessuno mette in dubbio la necessità di regolare il mercato.
Ma servono regole chiare, eque e proporzionate.
Non un’altra tassa che finisce per scoraggiare proprio chi lavora bene.

Il rischio concreto è che, con questa nuova cedolare secca affitti brevi 2026, molti host scelgano di uscire dal mercato legale o ridurre l’offerta.
E sarebbe un danno per tutti: proprietari, turisti, e anche per lo Stato.

Perché, diciamolo chiaramente:

senza host non c’è ospitalità diffusa.
E senza ospitalità diffusa, l’Italia perde una delle sue anime più vere.

Non sappiamo con ancora se la norma sarà approvata, modificata o (speriamo) cancellata. Una cosa è certa: il governo che a parole promette nei fatti fa l’esatto opposto. L’unica cosa certa è che vigileremo sulle novità che saranno introdotte a tema turismo e affitti brevi.

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Alla prossima!